Le domeniche per comporre il cielo

 


Papà, oggi il mondo perde un punto in più, la terra come la conosco io, perde il suo interesse, un altro indice di felicità rubato al mio universo privato. Da una nobiltà che non manca mai qui, là fuori, accolgono la sua tenerezza, i suoi sogni ad occhi aperti, le sue frustrazioni e le sue angosce, oggi è partito sull'ala di Nithnaiah, nel giorno delle castagne e della jeropiga, non so nemmeno cosa dirti, l'uomo che è stato il mio secondo padre se n'è andato, il padre preso in prestito che è rimasto,  che sei uscito da qui, quasi il tuo clone, ma più forte di te, che hai resistito alle intemperie e al dolore, alla malattia e sei diventato lui stesso spettatore della vita, dei suoi profondi misteri. Oggi, padre, lo riceverai tra le tue braccia come un fratello, in un viaggio che inizia nella luce, un cuore grande come lui, baffi rituali, uno sguardo mite e un tocco di pagode, brejeiro e umorista, oggi se ne va e io egoista, piango involontariamente, perché dovrei soffrire, se sapessi che è alla luce che lui è,  in pace, nell'amore eterno, che sorridevamo e cantavamo, ma tu sai, padre, a volte correvo al suo sguardo, al suo forte abbraccio, alla sua genuina dolcezza, alla sua pronta tenerezza e domanda, come stai nipote mia, come stai Cristina, e tu sai che anche la sua voce era la tua,  Una specie di stella polare, un castello pieno di merlature e mura dove nessuna paura entrava nelle tane, e il solo vederlo guardarmi aveva il dolce potere di allontanarmi dallo stress. Gaia albeggia, Vilar de Andorinho dice addio, ma è già sulla strada degli angeli, ciò che rimane sono le sue vesti mortali, della statura che non è mai stata all'altezza del grande essere umano che è sempre stato. Impetuoso, generoso, artistico ed empatico, se n'è andato, in anno sabbatico. E toccando tutti, mentre rimaneva qui, ritualizzava gli insulti perché non sentissero tanto la sua mancanza, diventava il ragazzo che correva tra le aucine, sui muri e sulle aiuole, sui tetti e sui merli, derubando gli alberi dei frutti, la terra assomiglia e i cavoli, Dio sorride e piange. Il bambino che non potrebbe mai essere, questa volta, spalancato.
Nella mia memoria, la spiaggia di Aguda, dove lo incontravo un paio di volte, solo per vedere il suo sorriso che mi incoraggiava a continuare sul sentiero che ancora percorro. Posava i coltelli, lavava le sue grandi braccia d'amore, si puliva e veniva a prendere il caffè. Tu da queste parti, ragazza. La ragazza era una nipote, ma fu accolta come se fosse una figlia. Mi riceveva sempre con un sorriso abbondante, largo come il suo cuore e i suoi baffi, così simili ai tuoi. Ah, mi mancano già i tuoi occhi, come mi mancano i tuoi, papà.
Ricordo padre, nel mio dolore che non sapevo come fermarmi, di Tomás lontano, che mi emetteva, tre, quattro volte, di eroe e zio estremo, seduto nella poltrona di Trecos, e medaglie a parte, ti ha sostituito nel suo orecchio attento, nel suo discorso ritmato, nei suoi occhi, padre, tu eri, essendo lui, un porto sicuro,  presente, piena di dolori al petto, ma sempre premurosa per gli altri. Naturalmente so che continuerò ad essere presente, come voi, in questo modo immateriale a cui mi avete già abituato. Non sono mai stato assente, anche se non lo sono. Ma ora questo padre preso in prestito non avrà occhi dolci e dolci, non avrà braccia forti come sostegni, sarà un altro angelo a cui prego e diventerà uno dei più desiderosi tra gli altri. Un'altra preghiera a Dio. Siete tutti delle soluzioni alternative, dietro l'apparente funerale d'addio. E mi sto allontanando sempre di più da tutte le materialità, da tutte le realtà provvisorie di questo piano, perché tra le mie risate e le mie lacrime, è con te che condivido sempre di più l'umanità che mi hai insegnato. So già che saremo sempre corpi scartati, scelti in un momento e poi, nel breve tempo di questo piano, ammucchiati con letame su un terreno generoso. Eppure la domenica, il lunedì, il martedì, il mercoledì, il giovedì, il venerdì, il sabato, la domenica saranno celebrati di nuovo, le feste mobili e i santi, ma Domenico, padre in prestito, zio amorevole e di buon carattere, non lo farà. Ciò che è finito è stato il fatto che ogni giorno non c'è motivo di essere di nuovo domenica. Un ramo di occhi dolci e dolci su una pira si dirige verso il cielo. A presto, a presto. Non dimenticarti di venire a prendermi. 
Papà, oggi è una festa in paradiso, sarete tutti insieme, come prima. E c'è in me un pizzico di invidia, perché non sono ancora pronto, perché anch'io possa andare dalla tua tribù in cielo. Sarà, se proprio così sarà, in una domenica che è una lunga giornata in cui gli uccelli si rifugiano tra gli alberi e le panchine del parco dove ci sediamo e contempliamo il mondo nel suo assunto più nascosto, quello della semplicità. E le domeniche saranno sempre giorni di riposo, di attesa di giorni migliori. 

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