Quando le trombe suonano
La vita è un sogno che avevo. Lo guardo composto, imballato, freddo, gelido, assente, apatico. Quello nella figura di una persona, dentro una scatola sono io, sì, lo so di essere, perché vedo la mia famiglia, mia moglie spezzata. Si concentrano su quel corpo e non è lì che mi trovo. Ho già raggiunto l'uscita, la libertà è mia, come per magia, mi sono state tolte le scarpe che mi hanno fatto male per tutta la vita, ma non mi fa affatto male, anzi, mi rendo conto adesso, che non sono mai stato solo così, che sono sopravvissuto a quel corpo che mi appesantiva nella dimensione della terra. Sono vivo e se c'è un termine che illustra ciò che provo, si chiama felicità e libertà. Ho raggiunto la vetta e il fuoco spirituale.E io, che non sapevo ripetere a pappagallo quello che la chiesa mi offriva come consolazione, non li capivo e mi perduvo a pensare, che se Dio esisteva doveva essere intoccabile, inaccessibile, come una specie di punitore, castratore e stronzo. Ma no! Non ha figura umana, non è corporea, ma una benedizione di luce e di gioia. Se tu sapessi di me, come mi sento, non perderesti una lacrima di dolore, ma uscirebbe da te un inno di gratitudine e di amore.
Mi guardo indietro, come se dicessi addio, addio donna, a presto, cercando di trovare la mia ultima consolazione per l'essere umano che mi ha accompagnato in questa tappa che è finita, che soffre per me e per lei, ma non mi vedono, concentrati come sono sulla scatola, su quel corpo pesante e vestito, tutto ornato. E si sono anche messi le scarpe, ma non ho più bisogno di niente. Sento lamenti, mormorii, un brusio di persone che parlano a denti stretti per paura di svegliarmi. I volti si abbassavano, presumendo il mio dolore in questo riposo. La vita terrena è, quindi, la pausa tra la nascita e la crescita del maltempo, lo svolgersi sereno delle giornate, associato al dolore, che è la sofferenza che si sprigiona quando la colomba viene a sollevarci e ci dona le ali, perché io sono in alto, devo avere le ali, le vedo allontanarsi, quando gettano la terra sopra quello che ero io, ma non ci sono più. La dimensione terrena è ristretta, non apprezzano nemmeno il panorama del progetto più ampio.Certamente, vivere significa avere delle bende sugli occhi, spingere il respiro a livelli di attaccamento inutili. Me ne vado senza nostalgia, non ci sono glorie o torture da questa parte del cielo, se non un amore totale senza braccia, una gioia contagiosa di unione e la percezione che prima non avevo, la dimensione della libertà che è questa ampiezza dell'amare incondizionatamente, dell'essere interamente, senza bisogno di acqua, cibo, niente. Sono intero senza la bara. E quando la terra germoglia, la linfa ha già inghiottito i corpi ammuffiti, così che, più tardi, un secondo, un millennio, che importa, far germogliare persone nuove, fatte della polvere che c'è. Questo corpo di Gaia, questa casa che abbandono, questo grembo fertile e generoso da cui un tempo traevo cibo, sarà lo stesso che mi vedrà arrivare, più tempo, più spazio, in un altro luogo, in un'altra famiglia, in un altro grembo, per rivivere intrappolato in un corpo e in una dimensione terrena.No, non mi manca, il mio desiderio è quello di abbracciare ed essere abbracciato dagli angeli, dalla luce che ho in me e non mi manca nulla, ecco, sono pieno. Se potessero capire e non ci sarebbe nulla da temere. La sofferenza è una cosa terrena. Che la mia anima è un uccello, e lo stormo che mi aspettava, enorme.
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